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Oncologia post-COVID-19, il Governo assicura: «Più medici e infermieri, percorsi differenziati per una maggiore tutela del paziente»

Il Viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri: «Oltre a quelle già effettuate durante il lockdown, stiamo lavorando all’ipotesi di nuove assunzioni. Abbiamo un piano da almeno 20-25 miliardi di euro. I malati di cancro devono essere messi in condizioni di sicurezza, così come i pazienti con Coronavirus».

Milano, venerdì 12 giugno 2020 – Nuove assunzioni di personale sanitario specializzato in oncologia, percorsi differenziati per pazienti oncologici e malati di COVID-19, nuove risorse per almeno 20-25 miliardi di euro nei prossimi anni. Sono alcuni degli interventi che il Governo prevede di mettere in atto a sostegno di un settore pesantemente condizionato dalla pandemia, secondo quanto anticipato dal viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, intervenuto recentemente durante il webinar “COVID-19 il paziente oncologico: le sfide assistenziali che ci attendono”, organizzato da Fondazione AIOM. Tra i relatori, i massimi esperti del settore, che hanno confermato che il ‘sistema oncologia’ ha funzionato complessivamente molto bene grazie anche all’impegno enorme di medici, infermieri e personale sanitario, e che la riorganizzazione di alcune attività e servizi durante l’emergenza servirà per migliorare la qualità dell’assistenza al paziente anche in futuro, soprattutto con oncologi più presenti sul territorio, come fossero ‘oncologi di famiglia’. Un passaggio che richiede una riforma della medicina territoriale in molte Regioni, dove il medico di medicina generale gioca un ruolo importante, attraverso la creazione di distretti con risorse, relativa autonomia e competenze.

«In questi tre mesi di COVID-19 i pazienti oncologici hanno comunque perduto nuove diagnosi di cancro, screening, interventi chirurgici. Abbiamo perduto vite, anche tra il personale sanitario dedicato. Ma abbiamo anche imparato molto: si sono riorganizzate le strutture oncologiche, si è capito che devono essere COVID-free. E proprio per questo abbiamo stilato un decalogo che abbiamo condiviso con il viceministro Sileri, che ci ha dato il suo pieno appoggio». Con queste parole Stefania Gori, Presidente di Fondazione AIOM e Direttore del Dipartimento Oncologico IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, Negrar di Valpolicella, ha aperto i lavori dell’incontro, ed ha subito trovato ascolto dal Viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri.

«Il decalogo proposto dalla Presidente di Fondazione AIOM mi trova completamente d’accordo e anzi rappresenta lo scheletro di ciò che dovrà essere fatto nei prossimi mesi in questo settore», ha osservato Sileri. «Tutti i suoi punti sono ugualmente importanti, penso per esempio alla necessità di percorsi differenziati per i pazienti oncologici e per quelli affetti da Covid-19, incluse le sale operatorie e quelle per la diagnostica. Ma mi riferisco anche alla sorveglianza del personale sanitario e alla necessità che esso sia dedicato ai pazienti con il cancro: sarà importante evitare in futuro che si ripeta lo spostamento di medici e infermieri di altre strutture a sostegno di quelli già impegnati sul Covid-19».

Sileri ha aggiunto inoltre una precisazione importante proprio sull’organico: «Oltre alle 20 mila assunzioni già effettuate durante i mesi del lockdown, il Governo ne ha già programmate altre sia di medici che di personale infermieristico. Tutto dipenderà dalle risorse a disposizione. Per la Sanità stimiamo una necessità di almeno 20-25 miliardi di euro per i prossimi anni. Una somma che ci consentirebbe di realizzare un’altra riforma fondamentale: pagare meglio medici e infermieri, affinché il Servizio sanitario nazionale ricostituisca un proprio appeal che riduca quanto più possibile il fenomeno dell’esodo verso l’estero». Una parte di queste risorse andrà necessariamente dedicata all’oncologia: «Bisogna assolutamente far sì che le 30 mila diagnosi arretrate negli ultimi mesi, così come gli interventi e i trattamenti che sono rimasti inevasi a causa del Coronavirus, possano gradualmente, ma rapidamente tornare in linea con la normalità», ha concluso Sileri.

I pazienti oncologici sono realmente rimasti così indietro, per quanto riguarda le terapie, gli screening e gli interventi, durante i primissimi mesi di Covid-19? Non esattamente. «In questi mesi di pandemia – ha affermato Giordano Beretta, Responsabile Oncologia Medica Humanitas Gavazzeni Bergamo e Presidente AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica) – l’Oncologia italiana ha saputo attuare, in quasi tutte le strutture anche sulla base delle raccomandazioni dell’AIOM stilate nei primi giorni dell’emergenza, meccanismi di resilienza che hanno consentito di proseguire i trattamenti farmacologici necessari, dilazionando solo quelli in cui il rischio di contagio superava il beneficio del trattamento e dove quindi il ritardo non comportava reali danni per i pazienti. Le visite di follow up sono state trasformate in contatti telefonici o in prestazioni di telemedicina, mantenendo gli accessi per le prime visite praticamente immodificati. Nelle aree più colpite ci sono stati limiti alla possibilità di effettuare trattamenti chirurgici sia per occupazione delle sale operatorie, in molte realtà trasformate in letti di terapia intensiva, che per indisponibilità di anestesisti, tutti impegnati nel trattamento dei pazienti con insufficienza respiratoria, ma si è cercato di superare tale limite con la creazione di hub di riferimento COVID free che effettuassero i trattamenti chirurgici non dilazionabili. Il blocco degli screening e la paura dei pazienti ad accedere alle strutture hanno comportato il possibile ritardo diagnostico ma è ancora presto per stabilire se ciò avrà un reale impatto sulla sopravvivenza dei pazienti oncologici. È comunque indispensabile che le attività riprendano a pieno regime il più rapidamente possibile e che i pazienti si rivolgano alle strutture oncologiche senza preoccupazioni. Questa esperienza ci ha insegnato a definire percorsi separati che garantiscano la sicurezza dei pazienti e la necessità di una maggiore collaborazione con la medicina territoriale attraverso una ristrutturazione di tutto il sistema ospedale-territorio».

«Anche in Veneto – ha aggiunto Pierfranco Conte, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Padova e Direttore di Oncologia Medica 2 all’Istituto Oncologico Veneto – non abbiamo dilazionato nessuna terapia oncologica in grado di assicurare la guarigione o guadagni in sopravvivenza. Sono quindi sorpreso dalle notizie, comparse anche su importanti media, che migliaia di esami e terapie per pazienti oncologici sarebbero stati rinviati causa l’epidemia COVID. Certamente sono state riconsiderate, eventualmente rinviate, le terapie di dubbia efficacia per quei casi in cui la malattia era in fase avanzata, e comunque sempre dopo averne parlato con i pazienti e i parenti. Allo stesso modo sono giustamente stati rinviati esami di screening, alla luce delle evidenze che dimostrano come gli screening siano efficaci soprattutto per i tumori a lenta crescita per i quali un eventuale ritardo diagnostico di pochi mesi non ha rilevanti conseguenze cliniche. È indubbio però che l’esperienza della gestione dei pazienti oncologici in corso di epidemia COVID, abbia comportato l’implementazione di nuovi modelli organizzativi che, a mio avviso, dovranno essere sviluppati in futuro. Intendo la telemedicina e la presenza di oncologi sul territorio in grado, in collaborazione con i medici di medicina generale, di assicurare una buona qualità delle cure e dei controlli a molti pazienti senza obbligarli a recarsi in ospedale».

Sullo stesso tema è intervenuto anche Filippo De Braud, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università di Milano e Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica e Ematologia alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori Milano: «A Milano non si è registrata nessuna concreta riduzione di attività, nel settore oncologico. Al massimo si è trattato di una contrazione del 20% di trattamenti, individuati tra quelli ritenuti di dubbia efficacia».

«È ancora presto per dire se la riduzione in tipo e volumi di attività avrà un reale impatto negativo sullo stato dell’oncologia in Italia», ha aggiunto il professor Giovanni Apolone, Direttore Scientifico dell’Istituto Tumori di Milano. «Piuttosto mi soffermerei su un altro aspetto finora trascurato: il 40% dei pazienti della nostra struttura proviene da altre Regioni italiane e nel periodo del lockdown non si è naturalmente potuto muovere. Ancora oggi molti preferiscono rimandare visite e trattamenti perché incerti sul livello di protezione che troverebbero».

Il convegno digitale ha anche rappresentato una buona occasione per sfatare falsi miti legati al rapporto tra Covid-19 e pazienti oncologici: «Fino a oggi c’era la convinzione che il malato di cancro fosse più suscettibile di essere infettato dal Coronavirus. E in effetti nei primissimi giorni della pandemia ci aspettavamo che il virus avesse effetti drammatici su questi malati e su quelli che soffrono di patologie autoimmuni», ha raccontato Alberto Mantovani, Direttore Scientifico dell’Istituto Humanitas di Milano. «Così non è stato, per fortuna. Possiamo però dire con certezza che è più a rischio infezione chi soffre di un tumore dei polmoni, è maschio, fumatore e magari ha una predisposizione genetica». Smontati anche altri tre luoghi comuni collegati al Covid-19: «Dire che gli asintomatici non abbiano una carica virale insufficiente per contagiare gli altri, è dare un’informazione inappropriata: soprattutto sappiamo che esistono persone, i “super spreader”, il cui organismo trova da sé un rapporto di equilibrio con il virus e dunque non si ammala, ma è comunque capace di contagiare», aggiunge il professor Mantovani. «Sbagliato anche parlare di passaporto di immunità, concetto fuorviante e pericoloso: le persone si convincono di avere gli anticorpi in base a un test che potrebbe essere non adeguato, e non utilizzano i dispositivi e le altre regole di protezione. Infine non ha senso neanche dire che il virus è improvvisamente diventato “buono”: non esistono a oggi dati certi che lo confermino».