Il colon-retto (o intestino crasso) è la parte terminale dell’apparato digerente. Si tratta di un organo cavo di circa 1,5 metri di lunghezza, le cui pareti sono costituite da vari strati concentrici. Il più interno è chiamato tonaca mucosa ed è ricco di ghiandole, formate dalle cellule epiteliali, che rilasciano muco. Il tumore del colon-retto ha origine proprio da queste cellule epiteliali presenti su tutta la superficie mucosa dell’organo. Nella maggior parte dei casi, è causato dalla trasformazione in senso maligno di polipi: piccole escrescenze, di per sé benigne, dovute alla riproduzione incontrollata delle cellule della mucosa.
Fattori di rischio
- Lesioni precancerose (ad esempio gli adenomi), circa l’80% dei carcinomi del colon-retto insorge a partire da lesioni precancerose
- Stili di vita errati, elevato consumo di carni rosse e insaccati, farine e zuccheri raffinati, sovrappeso ed attività fisica ridotta, fumo ed eccesso di alcol
- Storia familiare, circa un terzo dei tumori del colon-retto presenta caratteristiche di familiarità ascrivibili a suscettibilità ereditarie
- Fattori genetici: poliposi adenomatosa familiare, sindrome di Peutz-Jeghers, sindrome di Lynch
- Altre patologie, malattie infiammatorie croniche intestinali (Morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa)
Sintomi
La malattia spesso non manifesta particolari sintomi. Ma dopo i 50 anni i principali campanelli d’allarme che devono essere segnalati al medico, sono:
- Presenza importante di sangue rosso-vivo, talvolta misto a muco, nelle feci
- Senso di incompleta evacuazione
- Variazioni delle abitudini intestinali (es: diarrea, stitichezza o alternanza di diarrea e stitichezza, variazioni nella consistenza delle feci)
- Perdita di peso senza causa evidente
- Senso di spossatezza
- Febbricola, specialmente nelle ore serali
- Dolore e/o crampi addominali
- Gonfiore addominale
I numeri del tumore del colon-retto
Incidenza: in Italia sono state stimate 51.300 nuove diagnosi nel 2018 (28.800 uomini e 22.500 donne). Sia tra gli uomini che tra le donne si trova al secondo posto, preceduto rispettivamente dai tumori della prostata e della mammella. Nella classifica delle neoplasie più frequenti per gruppi di età, il carcinoma del colon-retto occupa sempre posizioni elevate, variando nelle diverse età tra il 7% e il 14% negli uomini e tra il 4% e il 16% nelle donne. La diffusione dei fattori di rischio, l’anticipazione diagnostica e l’aumento dell’età media della popolazione sono alla base della progressiva crescita dell’incidenza di questo tumore negli anni passati.
Il trend temporale per gli uomini è passato da un andamento stabile fino alla metà degli anni Duemila ad una riduzione nel periodo 2007-2010 (-4,0%/anno), con una successiva stabilizzazione, effetti associati all’attivazione dei programmi di screening. Anche nelle donne si osserva una riduzione significativa dell’incidenza (-1%/anno nel periodo 2003-2018). I confronti geografici nazionali mostrano valori omogenei nel Centro-Nord e inferiori nel Sud/Isole, sia nei maschi (Sud/Isole -6% rispetto al Nord) sia nelle femmine (Sud/Isole -6% rispetto al Nord), anch’essi coerenti con la diversa presenza di fattori di rischio precedentemente indicati. Queste differenze sono più contenute rispetto al passato, effetto di una progressiva omogeneizzazione di tali fattori.
Mortalità: nel 2015 (ISTAT, ultimo anno disponibile), in Italia, sono stati osservati 18.935 decessi (di cui il 53% negli uomini). Il tumore del colon-retto si posiziona al secondo posto nella mortalità per tumore in generale (11% nei maschi, 12% nelle femmine), e tra il secondo e terzo posto considerando le varie età della vita. La mortalità per questa patologia è in calo sia tra i maschi (-0,7%/anno) sia tra le femmine (-0,9%/anno).
Sopravvivenza: il carcinoma del colon-retto presenta una prognosi sostanzialmente favorevole. La sopravvivenza a 5 anni in Italia è pari al 66% per il colon e al 62% per il retto, omogenea tra uomini e donne. La sopravvivenza dopo i 10 anni è leggermente inferiore rispetto a quella a 5 anni (64% per il colon e 58% per il retto).
Prevalenza: in Italia sono oltre 471.000 i pazienti con pregressa diagnosi di carcinoma del colon-retto (53% maschi), al secondo posto tra tutti i tumori e pari al 14% di tutti i pazienti oncologici.
Le possibili cure contro il tumore del colon-retto sono la chemioterapia, la chirurgia, la radioterapia, le terapie locoregionali e i farmaci biologici. Questi trattamenti possono essere utilizzati singolarmente o in combinazione.
L’aderenza alla terapia
In un report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), la stima dell’aderenza nei pazienti che soffrono di malattie croniche risulta solo del 50% nei Paesi sviluppati.
L’utilizzo di farmaci oncologici per via orale, che ha mostrato una rapida crescita negli ultimi anni, è legato a un incremento dell’aderenza al trattamento. I pazienti mostrano in genere una maggiore preferenza per questo tipo di somministrazione, perché permette loro di non modificare in maniera sostanziale le abitudini quotidiane. La terapia oncologica orale, infatti, consente di realizzare gran parte del percorso di cura al domicilio, con una riduzione notevole della frequenza e della durata degli accessi in ospedale e un vantaggio significativo anche dal punto di vista psicologico.
Maggior aderenza significa infatti miglior cura del tumore, minori complicanze associate alla malattia e maggiore efficacia dei trattamenti. Ne consegue un importante miglioramento dell’outcome clinico e della qualità della vita del paziente.
La chemioterapia
Nel tumore del colon-retto la chemioterapia viene eseguita:
- dopo l’intervento chirurgico di asportazione del tumore: allo scopo di ridurre il rischio di ricaduta della malattia in presenza di fattori di rischio che possono predisporre ad una ricomparsa del tumore
- quando la malattia è metastatica: in questo caso gli obiettivi sono principalmente quelli di contrastare i sintomi della patologia, migliorare la qualità di vita dei pazienti e prolungare la sopravvivenza. Quando le metastasi sono limitate al fegato (e in casi selezionati anche in altre sedi come il polmone) tuttavia la chemioterapia può renderle più facilmente operabili con possibilità di guarigione
- prima dell’intervento: in associazione alla radioterapia nei tumori del retto (ultimo tratto dell’intestino) soprattutto quando è previsto un intervento con stoma definitivo
Esistono terapie orali che possono essere utilizzate anche per i casi più gravi della malattia. Per esempio la combinazione di trifluridina e tipiracil agisce inserendosi direttamente nel DNA, interferendo con la sua funzione e prevenendo in tal modo la proliferazione e la crescita delle cellule tumorali. Questo farmaco consente di rallentare la progressione della patologia senza trattare il paziente nuovamente con le stesse terapie. Offre al malato colpito da carcinoma colorettale metastatico refrattario ai trattamenti standard una maggiore sopravvivenza e una riduzione del rischio di morte.
La chirurgia
Rappresenta il trattamento cardine per i tumori del colon-retto in fase non metastatica: consiste nell’asportazione del tratto di intestino interessato dal tumore e nella rimozione delle aree di drenaggio linfatico. Rispetto agli interventi demolitivi di anni fa, oggi la chirurgia del carcinoma del colon-retto è diventata più conservativa e meno invasiva. A seconda della localizzazione della neoplasia, si procede all’asportazione del colon destro o sinistro, ad una resezione segmentaria o ad una resezione del sigma-retto. In quest’ultimo caso, può rendersi necessario confezionare una derivazione intestinale (colostomia) per consentire l’evacuazione delle feci. Tale dispositivo nella maggior parte dei casi non è definitivo, ha la funzione di proteggere la sutura chirurgica per consentirne la guarigione e può essere successivamente rimosso ripristinando la naturale canalizzazione intestinale.
La radioterapia
Nei tumori del retto la radioterapia può essere impiegata nella fase preoperatoria o postoperatoria, da sola o in associazione alla chemioterapia. La radioterapia pre-operatoria è indicata nei casi di neoplasia localmente avanzata con l’intento di ridurre la neoplasia e di aumentare la possibilità di conservare lo sfintere anale e di ridurre il rischio di eventuali future recidive locali. Quella postoperatoria è invece indicata nei pazienti già operati, in presenza di fattori di rischio che depongono per un aumentato rischio di recidiva. Infine la radioterapia può essere utilizzata con intento palliativo per il trattamento delle recidive locali o di localizzazioni metastatiche in casi selezionati in presenza di malattia avanzata.
Farmaci biologici
Si tratta di molecole in grado di bloccare la crescita del tumore agendo direttamente sulle cellule neoplastiche o sul microambiente tumorale. Negli ultimi anni l’introduzione di farmaci biologici ha parzialmente contribuito a migliorare le percentuali di sopravvivenza dei pazienti con malattia in fase avanzata. Le terapie biologiche impiegate per il trattamento del carcinoma del colon-retto appartengono a due classi. La prima è quella dei farmaci ‘antiangiogenici’ che agiscono modulando l’irrorazione vascolare che supporta la crescita tumorale. La seconda è quella degli inibitori di EGFR per i quali l’impiego di test molecolari consente la selezione dei pazienti in cui queste terapie possono funzionare.
In particolare, la caratterizzazione molecolare dei pazienti con carcinoma del colon-retto metastatico sulla base del test per le mutazioni dei geni indicati con l’acronimo RAS (che includono i geni KRAS e NRAS) ha rappresentato un importante progresso in questa patologia, permettendo di escludere dal trattamento con gli anticorpi monoclonali anti-EGFR la popolazione resistente. Lo stato normale dei geni KRAS e NRAS indica che il paziente colpito da tumore del colon-retto metastatico ha maggiori probabilità di rispondere alla terapia a base di anticorpi monoclonali anti-EGFR, mentre nei casi in cui sia presente la mutazione di questi geni la somministrazione di questo tipo di farmaco non è indicata perché non efficace. Ad oggi anche la mutazione di BRAF viene valutata prima di intraprendere una terapia a base di anticorpi anti-EGFR.
Per ridurre il rischio di sviluppare il tumore del colon-retto come qualsiasi altra neoplasia, è necessario adottare uno stile di vita salutare. Ecco alcune semplici regole che è importante seguire:
- Limitare il consumo di carni rosse, insaccati, farine e zuccheri raffinati
- Praticare attività fisica regolare per contrastare il sovrappeso
- Non fumare ed evitare l’esposizione al fumo passivo
- Consumare frutta e verdura in abbondanza, con speciale attenzione ai cibi ricchi di calcio e vitamina D
- Moderare il consumo di alcol
La prevenzione secondaria
Individuare il tumore il prima possibile consente di curarlo in maniera efficace. È per questo che bisogna sottoporsi ai programmi di screening. Quello organizzato per il cancro del colon-retto è un programma di intervento di salute pubblica sulla popolazione a rischio medio per età, che ha lo scopo di ridurre la mortalità per questa neoplasia attraverso l’individuazione e la rimozione di polipi o la diagnosi precoce.
I due test di screening per il colon-retto sono:
- La ricerca del sangue occulto fecale: in linea generale ha frequenza biennale e viene iniziata a partire dai 50 anni fino a 69 anni (età più a rischio). La presenza di sangue non è una prova certa della malattia; in caso di risposta positiva, è indicata una colonscopia.
Esistono diversi tipi di test per la ricerca del sangue occulto fecale (dal test al guaiaco degli studi degli anni 80-90 al test immunochimico attualmente usato) che differiscono per numero di campioni, necessità o meno di dieta o riconoscimento dell’emoglobina umana. - La rettosigmoidoscopia: un’esplorazione degli ultimi tratti dell’intestino (retto e sigma) svolta utilizzando un piccolo tubo flessibile (sonda) collegato ad una fonte di luce. Ha dimostrato di essere efficace (in studi europei) quando eseguita una volta nella vita tra i 55 ed i 64 anni.
L’attivazione dei programmi di screening organizzati ha portato a risultati importanti.
Nel periodo 2007-2010 si è infatti assistito, nel sesso maschile, a una riduzione significativa dell’incidenza (-4,0%/anno) seguita da una stabilizzazione. Anche nel sesso femminile, tra il 2003 e il 2018, è diminuito il numero delle persone colpite (-1%/anno).
Il secondo passo da compiere, se si risulta positivi ai test di screening, è sottoporsi ad ulteriori esami diagnostici:
- esplorazione rettale: è obbligatoria nel caso di tumore del retto
- colonscopia: è una valutazione di tutto il colon effettuata con un apposito tubo flessibile. Permette di individuare e asportare direttamente alcuni tipi di polipi e, in caso di tumore, fornisce notizie su sede, estensione della malattia ed eventuale presenza di altre lesioni tumorali
- tomografia assiale computerizzata (TAC) del torace/addome e pelvi con mezzo di contrasto: fornisce informazioni sulle dimensioni del cancro se particolarmente avanzato, ma soprattutto permette di valutare eventuali sedi di metastasi (es fegato, linfonodi e polmone)
- marcatori tumorali (CEA)
- clisma opaco a doppio contrasto e l’ecografia transrettale: sono utili per definire il grado di infiltrazione del tumore nella parete dell’intestino, in particolare l’ecografia transrettale per quanto riguarda il tumore del retto. In tal caso è indicata anche una risonanza magnetica (RM) della pelvi
- ecografia dell’addome: viene utilizzata per la ricerca di eventuali metastasi epatiche (ma si preferisce utilizzare una TAC)
Spesso è difficile reagire con lucidità a una diagnosi di malattia. Per questo può essere utile tenere a mente una serie di consigli, che consentiranno di affrontare al meglio il colloquio con il proprio medico e di ottenerne il massimo beneficio.
- Durante gli incontri con l’oncologo è bene annotare le risposte alle domande. Questo aiuterà a mantenere la concentrazione e a ricordare tutte le istruzioni ricevute
- In caso di incertezza o dubbi non bisogna esitare a chiedere ulteriori chiarimenti. Se non si conosce il significato di un termine, o non si capisce una procedura, si può interpellare nuovamente il personale medico-sanitario, ricordando che è lì proprio per questo
- Durante le visite è preferibile essere in compagnia e non soli. Avere qualcuno vicino aiuta a ricordare aspetti della conversazione che possono esserti sfuggiti o formulare domande alle quali non si aveva pensato
La dieta è importante
Dopo che ci si è sottoposti all’intervento, è necessario seguire una dieta particolare. L’obiettivo è di non sovraccaricare l’apparato intestinale. Già a tre settimane si può cominciare ad introdurre gradualmente, uno per volta, i vari cibi verificandone la tollerabilità individuale.
Si consiglia di consumare:
- Frutta e verdura, sotto forma di centrifugati, frullati o spremute filtrate
- Acqua: è indispensabile bere molto, circa 2 o 3 litri al giorno
- Bevande come tè al limone e caffè leggero
Vanno, invece, evitati:
- Cibi ricchi di scorie e che stimolano una maggior formazione di gas (asparagi, cipolle, funghi, pesce, uova fritte, insaccati e salumi)
- Cibi che provocano meteorismo come birra, bevande gassate, cavoli e cavolfiori, prugne, pesche, fichi, cachi, frutta secca, legumi, radici amare, rape, verdura cruda in genere
- Alimenti che possono provocare costipazione come noci e noccioline, vino rosso, cioccolata, grano, latte bollito, sedano, formaggi stagionati
Il follow-up
Una volta terminate le terapie, è necessario che il paziente si sottoponga a una serie di esami di controllo, pianificati dal proprio medico. Questa pratica clinica si definisce follow-up e prevede:
- esami del sangue con dosaggio del CEA ed esami strumentali (TAC torace e addome con mezzo di contrasto alternata eventualmente a radiografia torace ed ecografia addome), che vanno eseguiti, in fase iniziale, con frequenza ravvicinata (ogni 4-6 mesi) per i primi 3 anni e successivamente fino al quinto anno ogni 6 mesi
- colonscopia, entro un anno dall’intervento chirurgico, che permetta di evidenziare eventuali nuovi polipi. In caso positivo, ulteriori colonscopie saranno effettuate a intervalli di tempo più o meno lunghi. Se la colonscopia risulta negativa, la ripetizione dell’esame è consigliata a 3 e a 5 anni dall’intervento
Nei primi mesi di trattamento, se il paziente accusa disturbi, è consigliabile che si presenti periodicamente dal proprio medico di famiglia. Se però tra un controllo ed il successivo compaiono nuovi sintomi, è necessario che contatti immediatamente il proprio medico per valutare se sia il caso di rivolgersi a uno specialista.
- Giordano Beretta
- Lisa Salvatore
- Marco Imperatori
- Carlo Aschele
- Marco Messina
- Alessandro Pastorino
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