Tumori: “Troppi vincoli di budget nella scelta delle terapie, per il 43% degli oncologi condizionamenti dai limiti di spesa nelle regioni”.
Stefania Gori, presidente AIOM: “Vanno ridimensionati i prontuari terapeutici regionali. È sufficiente l’approvazione centrale dell’Agenzia Italiana del Farmaco. Le valutazioni multiple causano disuguaglianze tra i cittadini a livello territoriale nell’accesso ai trattamenti”
Ragusa, 3 maggio 2018 – Il 43% degli oncologi italiani percepisce che i colleghi della propria Regione possono essere condizionati dai limiti di budget economico nella scelta delle terapie. Oggi possono trascorrere più di mille giorni prima che un farmaco anti-cancro innovativo sia disponibile nel nostro Paese, a volte con grandi differenze tra le varie Regioni. Infatti, stando ad analisi condotte nel 2016, fra il deposito del dossier di autorizzazione e valutazione presso l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella prima Regione italiana trascorrono in media 806 giorni, cioè 2,2 anni. Termine che può dilatarsi fino a tre anni (1.074 giorni) se si considera l’ultima Regione in cui il farmaco viene messo a disposizione.
La distribuzione delle risorse in oncologia costituisce un problema non solo finanziario ma anche sociale ed etico. La VII edizione delle Giornate dell’etica in oncologia organizzata da AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) e da Fondazione AIOM, che si svolge a Ragusa il 4 e 5 maggio, è dedicata proprio alle cause delle diseguaglianze nell’assistenza oncologica.
“La sfida è individuare il giusto equilibrio fra immediata disponibilità delle terapie anti-cancro innovative e sostenibilità del sistema sanitario – sottolinea Stefania Gori, Presidente nazionale AIOM e Direttore del Dipartimento Oncologico dell’Ospedale Sacro Cuore-Don Calabria di Negrar-Verona -. Il ridimensionamento dei prontuari terapeutici regionali potrebbe essere la via da seguire, perché l’inserimento delle nuove terapie in questi elenchi implica inevitabili e inutili tempi di attesa a danno dei pazienti. È infatti sufficiente la valutazione centrale da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). In Europa i nuovi farmaci oncologici sono approvati dall’EMA con criteri di validità scientifica degli studi, senza alcuna valutazione farmacoeconomica, che viene delegata alle singole nazioni. In Italia l’AIFA è riuscita a garantire l’erogabilità a carico del Servizio Sanitario Nazionale di molti farmaci ad alto costo con accorgimenti organizzativi (distribuzione diretta con gli sconti dovuti alle strutture pubbliche) e finanziari (cost-sharing, risk-sharing, payment by result)”.
“La ‘tempesta perfetta’ che si temeva potesse travolgere il sistema sanitario per l’arrivo delle nuove molecole anticancro è stata evitata – continua Fabrizio Nicolis, presidente Fondazione AIOM -. Grazie anche al Fondo di 500 milioni di euro destinato all’acquisto di queste terapie che gli oncologi italiani hanno fortemente richiesto e che il Governo italiano ha istituito per la prima volta nell’ottobre 2016. Va sottolineato che un farmaco è realmente disponibile solo quando il Servizio Sanitario è in grado di offrirlo ai cittadini in tempi adeguati. Altrimenti lo potrà utilizzare solo una quota residuale di malati, creando squilibri nella popolazione”.
Molte Regioni hanno attribuito carattere vincolante al proprio Prontuario Terapeutico Regionale, obbligando gli ospedali a scegliere i farmaci da inserire nei Prontuari Terapeutici Ospedalieri solo all’interno di una lista limitata che tenga anche conto delle ricadute della prescrizione ospedaliera sui consumi territoriali. Non tutte le Regioni italiane dispongono, tuttavia, di un Prontuario Regionale, con una conseguente ampia variabilità locale. Nel 2017 in Italia sono stati stimati circa 369mila nuovi casi di cancro e la spesa per i farmaci oncologici è passata da poco più di un miliardo di euro nel 2007 a 4,5 miliardi di euro nel 2016. Nel suo complesso, l’oncologia rappresenta una delle voci più rilevanti per il Servizio Sanitario Nazionale.
“L’esistenza di livelli gerarchici di valutazione dei farmaci (con i loro prontuari regionali o provinciali o di area vasta, aziendali o ospedalieri) – conclude Massimo Di Maio, professore associato di Oncologia Medica all’Università di Torino e Direttore dell’Oncologia dell’Ospedale Mauriziano di Torino – rappresenta un potenziale elemento di disuguaglianza tra i cittadini nell’accesso ai trattamenti farmacologici. La sentenza del Consiglio di Stato del 29 settembre 2017 (n. 4546) ha stabilito che le indicazioni terapeutiche sui farmaci spettano solo allo Stato e che le raccomandazioni regionali si sovrappongono ad una valutazione che è stata già compiuta dall’AIFA a livello nazionale, comportando un forte ed inevitabile condizionamento delle prescrizioni da parte dei medici”.