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Sezione A, per pazienti – POESIA
Prima classificata: Laura Paita, nata a Genova, dove vive, il 14 gennaio 1960.
Come una farfalla
Imparerò ad amarmi
come si ama una farfalla,
delicatamente
senza sfiorare le ali,
attenta
ad ogni metamorfosi,
senza forzare.
Imparerò
ad accettare il cambiamento,
abbandonando ogni resistenza,
preparandomi
senza fretta alcuna
alla pienezza della vita,
al di là del tempo.
Sarò bruco e crisalide,
assaporando ogni istante,
ogni trasformazione,
fino al momento in cui
spiegherò le ali,
affidandomi al vento
e danzerò
in un turbine di gioia
verso la libertà.
Sezione A, per pazienti – RACCONTI
Prima classificata: Giulia Antonelli Senesi è nata a Bologna, dove risiede.
…Il cancro è fatto di numeri. Impietosi e solenni, scatole cinesi di elenchi che nascondono dolore e tempistica quasi senza fine.
Dietro ogni visita, controllo, esame, attesa, risultato, ci sono minuti ed ore da riempire, tempi dilatati e vuoti. Pieni di nebbia.
Ci sono spostamenti, parcheggi da trovare, sedie fredde di formica, code all ‘ASL, corridoi verdi di piastrelle e luci da attraversare, percorrere quasi in trance.
Ci sono numeri da strappare, voci e rumori di sottofondo da ignorare, ambulatori bianchi da affrontare, macchine tecnologiche e fredde di cui non avere paura.
Numeri importanti, che riassumono ciò che si diventa quando ti dicono: Mi spiace è cancro.
SEZIONE B, per familiari e operatori sanitari – POESIA
Prima classificata: Sofia Nannini – 23 anni- Bologna
La colpa
È colpa del tumore, ripetevano
è colpa del tumore, se ogni tanto
urlavi, insultavi, strappavi le nostre fotografie.
È colpa del tumore, si convincevano
se non volevi vedere nessuno
se scappavi di casa
se eri violento.
È colpa del –
non era vero.
Il tumore non ha colpe
se non quella di trovarci sempre impreparati.
La vera colpa è la cattiveria, pensavo
e ti detestavo e attendevo il peggio.
Solo ora
cinque anni dopo
ho finalmente capito:
non eri malato, non eri cattivo
eri solo spaventato.
SEZIONE B, per familiari e operatori sanitari – RACCONTI
Prima classificata a pari merito: Cristina Laguzzi, Finale Ligure
… Quante volte anche tu Gabriele ci hai aiutati con un sorriso o con un semplice gesto. Infatti i bambini hanno delle risorse straordinarie, sorprendenti a tutte le età, sì, perché anche i bambini piccoli si rendono conto subito della gravità della malattia perché assorbono le nostre emozioni e perché semplicemente sono in una stanza di ospedale attaccati a delle pompe…
… Non so cosa ci riserverà il futuro ma cerco di vivere attimo dopo attimo e di non perdermi niente. Non si deve perdere il coraggio di sognare ma bisogna crederci sempre, bisogna tenere vivi i desideri e gustarsi ogni piccolo traguardo che sia anche solo l’inizio della scuola, una sciata in montagna o la visita da Babbo Natale. Ci può essere la paura, è legittima, ma non deve dominare. Non serve, non è uno scudo protettivo, non ci prepara al peggio e non salva nostro figlio, ma ci incatena solamente. Mi concentro su altri progetti, non voglio smettere di sognare, non devo lasciarmi intrappolare dall’ansia che sento avvicinarsi con l’appuntamento del prossimo controllo. Adesso voglio solo pensare al tuo compleanno, domani festeggerai i tuoi sei anni con i tuoi cugini e i tuoi amici e sarà una grande festa, sto già pensando a come sarà bello vederti libero di giocare con gli altri bambini.
Ci sono cose che sono difficili da accettare perché ti sembrano insormontabili, una mamma non può totalmente accettare la malattia di un figlio, ma rifiutarla non aiuta. Nel momento in cui la si riconosce, in parte la si accetta, e si è già fatto un primo passo verso la “ sopravvivenza”.
Oggi quando mi capita di voltarmi indietro, mi chiedo come ho fatto a contenere un simile dolore e ad andare avanti… poi vedo i miei figli e trovo in loro la risposta.
Prima classificata a pari merito: Romaniello Incoronata, oncologa che vive a Casorate Sempione (Varese)
… Già, ma come può essere normale la vita di una bambina di 8 anni con la mamma ammalata di cancro?
Alice non capiva, e ripensava a quelle macchie di azzurro sul volto della mamma, alle mani piene di colla….chissà come passava il tempo. Quando tornava da scuola, mamma era distrutta, sdraiata nel letto con il volto stravolto dal dolore, eppure non si lamentava. La chiamava a se e la coccolava, la baciava e le raccontava tante storie: ma non erano favole, erano storie vere, quelle della sua famiglia. Già la mamma, nei lunghi pomeriggi che trascorrevano insieme, le raccontava della nonna e del nonno, di quanto era stato difficile integrarsi dopo la migrazione dal sud, di quando era giovane, di come aveva conosciuto papà, di come si erano spostati, di quando Alice era nata e le storie si facevano sempre più ricche di particolari man mano che passava il tempo. E le storie lasciavano a volte lo spazio alle raccomandazioni, a come capire le persone, a come difendersi dalle persone cattive, a come riconoscere il vero amore.
Alice pensava e ripensava a quei momenti, mentre le macchine iniziavano a svuotare il cortile e la gente abbandonava triste la loro casa che sarebbe da li a poco rimpiombata nel silenzio.
A quel punto, le lacrime sgorgarono dai suoi occhi grandi e solcarono come fiumi impetuosi le sue guance rosse, già quelle stesse guance che la mamma le baciava con le sue tenere labbra e fu in quel momento che tutto il dolore che aveva trattenuto dentro in mesi e mesi di malattia sfocio in un pianto liberatorio.
E quando non ebbe più lacrime da versare, improvvisamente le vennero in mente le ultime parole della mamma: “Io sarà sempre con te piccola mia, sulla tua stanza, nel tuo cuore e nella tua vita”. In quel momento, Alice non capiva ciò che mamma le voleva dire ma serbò nel suo cuore queste parole, come le mille altre che la mamma le aveva detto, come in una sorta di testamento spirituale.
Il silenzio divorava la stanza quando ad un tratto, Alice si alzo di scatto, tutto le fu chiaro. Sali le ultime scale che portavano dal secondo piano alla soffitta…..sopra la sua stanza e vide, sulla porta una macchia di tempera azzurra, lo stesso azzurro che spesso trovava sul volto di mamma. Aprì la porta lentamente e quando finalmente entrò nella soffitta non poteva credere ai suoi occhi e finalmente le fu tutto chiaro. Ecco come la mamma occupava le sue mattinate, mentre lei era a scuola. Ecco dove esauriva tutte le sue forze, ogni giorno negli ultimi mesi. Alice non poteva credere a suoi occhi pieni di lacrime, ma non era un sogno.
La mamma aveva dipinto per lei tutta la soffitta di azzurro, con grosse nuvole bianche che sembravano volare nella stanza. Non c’era più ragnatele né scatoloni rotti e pieni di cianfrusaglie ma un bellissimo tappeto verde pieno di mille fiori colorati. In mezzo al tappeto un grosso forziere pieno di mille pacchetti colorati con tanti numeri appiccicati e una lettera che diceva: “Cara Alice ecco il tuo tesoro. Questi sono i regali per i tuoi prossimi Natali e Compleanni e troverai anche il regalo per la tua laurea, per il tuo matrimonio e per il tuo bambino, sempre se ne avrai uno. Abbine cura e aprili seguendo l’ordine corretto che ti ho lasciato: non avere fretta di scoprirne il contenuto ma assaporali uno ad uno perché ciascuno sarà giusto per ogni evento e per la giusta età. Quando sarai triste potrai rifugiarti qui e sdraiandoti sul prato potrai guardare il cielo, come facevamo quando eri piccolina, e sognare con me giorni felici. Ti lascio anche una lettera per papà, che dovrai consegnarli quando la gente che oggi affolla la nostra casa vi lascerà ancora soli. Mi raccomando abbi cura di papà e di te come ti ho sempre insegnato e goditi ogni istante perché la vita è cosi, un soffio di vento e ciò che conta non è quanto dura ma quanto intesa è stata.”
A quel punto tutto le fu chiaro, le macchie di tempera sul volto della mamma, i tanti pacchi consegnati dal corriere a suo nome che neanche a papà era consentito di aprire, alla colla che spesso tirava sulle sue dita, a quei fiocchetti nascosti sotto il letto, al nastro che non bastava mai. Alice, capì che la mamma aveva previsto tutto, anche la sua tristezza e aveva voluto preparare tutto per la sua bambina affinché non si sentisse mai sola. Tutto le parve meno doloroso, anche la gente che aveva invaso la sua casa, il suo silenzio, il suo dolore. Alice si sdraiò lentamente sul tappeto verde, le parve di sentire il fresco della rugiade del prato alla mattina, l’odore buono della sua mamma che la abbracciava e si lascio andare serenamente in un sonno profondo. E mentre si addormentava pensava “anche questa volta mamma aveva previsto tutto. Meno male, che nonostante il dolore, la malattia e la solitudine non aveva perso la voglia di sognare e di essere la mamma unica e speciale che sempre era stata per lei”. Già sarebbe stata sempre con lei in quella stanza, nel suo cuore e nella sua vita. Questo Alice lo aveva capito.
Quando finalmente la casa fu vuota, papà si accorse che Alice era sparita. Un angoscia lo colse improvvisamente…………. Salì a due da due i gradini della scala in legno che portavano alla soffitta, mentre la scala cigolava sotto il suo peso: giunto alla porta aprì e vide Alice, serenamente addormentata sul tappeto verde. Entrando, si accorse di come tutto era diverso, di come quella soffitta buia e piena di polvere fosse stata trasformata e ad un tratto l’angoscia che lo turbava si dileguò. Lei sempre lei, la sua cara amata compagna, era riuscita a stupirlo ancora una volta. Guardava incredulo la stanza, il cielo, il prato e la sua piccolina addormentata serena vicino al baule della nonna, riverniciato e luccicante, colmo di pacchetti fiocchi e nastri colorati. Si avvicino con passo impalpabile per paura di svegliare quel sonno sereno e si accorse che la bimba teneva stretta nelle sua mani una lettera chiusa con su scritto per papà. Sentì nel petto un tonfo secco, si sentì raggelare le gambe: era una lettera scritta da Sara. Non vedeva l’ora di strapparla dalle mani della sua piccola per leggerla tutta di un fiato ma la paura di svegliare il suo angelo lo blocco. Guardava la piccola incantato: era proprio lei, Sara in miniatura. Stessi capelli, stesso naso, stesso volto. In quel momento capì che Sara gli aveva fatto il regalo più grande e sarebbe stata sempre con lui.
A quel punto si sdraiò anche lui sul tappeto verde, vicino alla sua piccola. Sentiva in silenzio il suo respiro. Le poggiò la mano sul fianco e al ritmo del suo respiro piano piano gli occhi si chiusero. Mentre il sonno lo coglieva impetuoso pensava: la lettera, la lettera….la leggerò domani. Il silenzio calò nella stanza e il buio scese avvolgendo i loro corpi stanchi. Era stato il primo giorno senza mamma e anche il primo giorno della loro nuova vita. Sara si era spenta serena dopo tanti anni di malattia e aveva combattuto fino in fondo per potere stare accanto a loro e se ne era andata una mattina d’autunno, mentre le foglie rosse cadevano dolcemente dall’acero del giardino, quando aveva capito che erano pronti a camminare da soli.